Se desideri pubblicare il tuo racconto su una donna di Roma lo puoi scrivere come commento a un post esistente, oppure inviarlo con una EMAIL (clicca qui) a Paola Staccioli, specificando il tuo nome (e se vuoi che sia reso pubblico), il titolo o il nome della donna. Il racconto sarà pubblicato in un nuovo post dagli amministratori del blog.

mercoledì 15 febbraio 2012

Donata Di Maulo... una Donna (mia nonna)

Casaline di Preturo (AQ) 24/3/1895 - Roma 29/11/1994

Donata nasce in una famiglia contadina in una minuscola frazione di abituri sperduta tra i monti d'Abruzzo: prima figlia femmina di dodici fratelli, di cui però soltanto cinque sopravvivranno all'infanzia... anche lei di salute piuttosto cagionevole, si ammala spesso e più volte sembra sul punto di non farcela... ottiene però la licenza di terza elementare meritando una medaglia d'oro per l'ottimo profitto dimostrato... purtroppo non le sarà consentito proseguire oltre gli studi: la scuola più vicina si trova all'Aquila e non esistono collegamenti di sorta. Di costituzione esile e delicata si dimostra poco adatta a svolgere quelle mansioni che nella realtà contadina vengono all'epoca riservate alle donne: anche portare sulla testa la pentola con il pasto caldo per i braccianti risulta per lei una fatica insopportabile. Le vengono pertanto affidati i lavori di casa, la tutela dei fratelli minori e la gestione della tabaccheria di famiglia, una delle poche bottegucce dell'abitato. Per le compaesane, per lo più analfabete, diventa presto un punto di riferimento importante: tutte si rivolgono a lei per comunicare per iscritto con i figli, i fidanzati o i mariti immigrati oltreoceano, più tardi anche con tutti gli uomini impegnati sul fronte della Grande Guerra. Di tutte diventa la confidente fidata e conosce gli amorosi tormenti mentre lei, in quell'ambiente rozzo e ristretto, stenta a trovare un compagno adeguato. Infine, già ventisettenne, sposerà il bel Luigi, che insieme ai fratelli minori ha impiantato una delle tante imprese di costruzioni che nei primi decenni del Novecento stanno erigendo Roma Capitale... i novelli sposi si trasferiscono a Roma in una casetta di Città Giardino, a Montesacro, dove mio nonno, uomo di poca cultura ma di modi gentili e ancor più nobili intenti, fantastica la costruzione di quartieri operai dotati di servizi e conforti alla stregua dei dettami dei Socialisti Utopisti. Ma il loro idillio avrà vita breve: un attacco di peritonite non diagnosticata metterà prematuramente fine alla vita di Luigi; mio padre figlio primogenito e unico, ha appena sei mesi. Segue un tristissimo periodo in cui Donata si vede costretta a convivere con i cognati e con il suocero in un casolare di tipo rurale ai margini della periferia romana, sono anni terribili in cui lei, venuta a perdere la fonte di sostentamento diretto, svolge la vera e propria funzione di massaia, prendendosi cura di uomini e animali e assicurando così la mera sopravvivenza a se stessa e al figlioletto. All'età di sei anni mio padre, giocando con un residuato bellico inesploso, dissotterrato nei pressi del casolare, perde la mano e parte dell'avambraccio sinistro... l'incidente segnerà la fine del periodo romano. Donata è determinata a cercarsi un lavoro autonomo, solo così potrà evadere dal pesante giogo familiare e assicurare un'istruzione adeguata al figlio, ormai tagliato fuori per la sua invalidità dallo svolgimento di qualsiasi attività di tipo manuale. Attraverso i Patronati dell'Opera maternità e infanzia che gestiscono Istituti di accoglienza e istruzione per orfani troverà una prima occupazione come cuoca a Morolo poi, avendo qui ricevuto trattamenti lavorativi prossimi allo schiavismo, riparerà in una Istituzione analoga ad Arpino. Dai cognati, intanto, le è stata negata la liquidazione richiesta per le spettanze dell'erede minore; contro di essi Donata intenterà una annosissima causa legale che si concluderà in termini per lei moralmente tanto deludenti da voler rifiutare completamente la pur cospicua somma che infine le sarà riconosciuta. Ad Arpino comincia un'esistenza più serena in un'ambiente più aperto e vitale, lei non si fa abbattere dalla durezza del lavoro, fa fruttare al meglio le scarse derrate alimentari a sua disposizione, spesso compie miracoli in cucina. Allo scoppio della seconda guerra mondiale però l'Istituto chiude i battenti ma Donata ancora una volta non si perde d'animo: rileva brande e suppellettili, prende in affitto una grande casa dove allestisce una spartana pensione per studenti: Arpino è cittadina che vanta un gran numero di Istituti scolastici di ogni ordine e grado, è sede di un Convitto Nazionale che è un polo di attrazione per l'intera Ciociaria e parte della Campania, non tutti però trovano posto come Convittori e sono ammessi a frequentare l'annesso Liceo Tulliano soltanto come studenti esterni... I ragazzi pertanto cercano alloggio in paese e vengono accolti in una severa ma attenta atmosfera familiare. Donata in qualità di vice mamma si occupa sovente anche dei colloqui con gli insegnanti: vigila, consiglia, media, contratta, aiuta, cura, cucina, rassetta e racconta... La durezza del periodo bellico è meno pesante per i civili di provincia... i rari episodi in cui si viene convolti in prima persona, per principio di sopravvivenza, non si vollero mai raccontare, si preferì osservare il silenzio. Mio padre intanto ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso la Sapienza di Roma e si è fidanzato con un'Arpinate, anch'essa laureata e già lavoratrice. Nel dopoguerra convulso e confuso mio padre compie qualche tentativo di pratica avvocatizia, studia per sostenere l'esame da Procuratore, infine, con qualche ritardo, abbandona l'idea della libera professione per ripiegare su un lavoro dipendente nel parastato. La sede in primo momento è Parma, poi già da sposato, arriverà il trasferimento richiesto: si torna a Roma. E' il 1957. La casa di Arpino sarà riconsegnata al proprietario, io sto per nascere, da ora in poi nonna abiterà con noi e con noi resterà fino alla fine dei suoi giorni. Accudirà i suoi nipoti, io e il mio fratello Luigi... sarà lei, nel nostro particolare assetto, il vero capofamiglia... prima e dopo la morte precoce di mia madre - lavoratrice da sempre - sarà comunque lei che si assumerà anche tutte le mansioni tradizionalmente assegnate ad una mamma. Donata vigila, consiglia, media, contratta, accompagna, aiuta, cura, cucina, rassetta e racconta... Anche negli ultimi tredici anni vissuti nell'invalidità parziale per i postumi di un ictus conserverà lucidità mentale e la maggior parte di queste mansioni. Nonostante i cicli generazionali notevolmente dilatati nel tempo avrà la soddisfazione di stringere tra le braccia mio figlio e anche a lui di narrare le sue fole. Quasi centenaria morirà nel suo letto, come aveva sempre desiderato, lasciandomi la straziante e insieme dolcissima incombenza di pettinarle per l'ultima volta la sua lunga treccia che mai aveva voluto tagliare.

di Rosamaria Francucci

1 commento:

  1. Bello aver avuto a lungo accanto vivi esempi, cui continuare ad ispirarsi quando e se possibile; poter restare amorosi e insieme orgogliosi del ricordo di qualcuno a cui dobbiamo molto.

    RispondiElimina