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martedì 10 gennaio 2012

Il ritorno

Nuclei di acciaio, uomini di ferro?A volte mi sembra più difficile essere di carne e di sangue
da “Pensieri spettinati” di Stanislaw LEC -editore Sonzogno

…da un lato il compagno sviluppa al massimo i valori pratici di solidarietà, eguaglianza, resistenza all’oppressione, allo sfruttamento che costituiscono l’orizzonte concreto del superamento dell’atomismo individualistico e dell’egoismo capitalistico, prefigurando così l’unico possibile comunismo. Dall’altro il militante filtra questi valori in forma organizzativa di tipo inevitabilmente ecclesiastica e militare, in cui la fedeltà è più importante della libertà di pensiero. La dedizione alla causa conta più della coscienza critica. La testimonianza quotidiana della propria fede pubblicamente (od intrinsecamente-ndr) dichiarata, pesa molto di più della capacità d’innovazione pratica e teorica…il nesso (indissolubile-ndr) militante-compagno…ha connotato storicamente l’esistenza concreta della figura antropologica centrale del comunista storico novecentesco…
da “Il tempo della ricerca” di Costanzo Preve –Vangelista ed. Milano 1993

R ampa Brancaleone. Una scalcinata scalinata settecentesca vicino San Pietro, che salendo porta ad uno spiazzo con quattro palazzoni popolari, dalle finestre grandi e con l’intonaco che cade a pezzi. Salnitro ed erbacce tra il marmo consumato dei grandi scalini dove ci si può sedere, come su un sedile. La strada sottostante è Via delle Fornaci. I palazzi si stagliano contro il cielo di Roma e guardano la cupola di San Pietro: il Cuppolone. Dice così, familiarmente, con affetto e con due P, il popolino romano. Edifici di quattro piani, come naufraghi in un mare di benessere ostentato e pacchiano, contraddistinto dall’edilizia volgare, ma soprattutto brutta, dei bottegai e speculatori (i ripuliti nel gergo romano) miracolati dall’economia degli anni ’60. Uniche abitazioni sopravvissute delle molte in cui quelli che popolavano allora la zona si buttavano a dormire esausti, dopo 16 o 18 ore di lavoro ( se di lavoro si può decentemente parlare)i fornaciari, tra cui molti erano i bambini e le bambine che non arrivavano ai 10 anni, che nei forni sempre accesi, come l’Inferno, delle vicine fornaci (ora diventate, per lo più, residence di lusso e Centri Commerciali) impastavano ed infornavano mattoni e tegole e ne ricevevano in cambio sopravvivenza stentata, silicosi e figli da avviare ad un destino segnato ed immutabile. Tanta fatica e stenti per appena rimanere in vita. Laterizi per il vicino Vaticano, le cui statue di santi ed i marmi pregiati delle chiese e dei palazzi curiali e cardinalizi ignoravano di quanta fatica, miseria e sofferenza fossero impastati i manufatti che li preservavano dalla pioggia, e del resto a voltare la faccia di là non erano certo i soli. Ignoravano anche i pii ed abituali frequentatori, zelanti di messe, vespri e novene, solerti di ogni rosario e qualsivoglia funzione in cui si celebrasse la bontà del Creatore. Mattoni e tegole anche per il prospiciente quartiere chiamato Cavalleggeri, causa l’acquartieramento di uno squadrone di cavalleggeri, verso i fornaciari vere e proprie carogne e persecutori. Ahimè un male necessario che, del resto, la miseria a volte non è rispettosa dell’ordinato vivere, diventa talvolta irragionevole, è portata ad esagerare e si lamenta troppo, anche astiosamente, e va rimessa al suo posto, quando è il caso.

Gendarmi a cavallo ed operai. Controllori e controllati: una coppia inscindibile nella Roma papalina del Papa Re dapprima ed in quella piemontese del Re Buono poi. Un lavoro bestiale per tutti e due: fornaciari e gendarmi a cavallo. Eseguito con un sovrappiù da carogne senza scrupoli quello delle guardie a cavallo, forse per il timore di cadere nella prospiciente vita di stenti, stracci e fornaci che periodicamente loro bastonavano.

Marisa mi viene incontro scendendo gli scaloni della scalinata. Corti ricci rossi. Occhi azzurrissimi in cui potrei annegare e gli orecchini che le ho regalato io. Ed il suo sorriso che mi fa stare bene. Subito. Mi guarisce il mal di vivere solo a guardarla. La gonna severa ed il tailleur grigio. Significa che va a dare una lezione di pianoforte. Le sue labbra morbide ed il profumo di patchouli. La pressione dolce del seno nell’abbraccio. E…sto bene. Non sento più la stanchezza del turno di notte nell’albergo a cinque stelle dei Parioli. Commesso addetto al maneggio dei soldi italiani ed esteri, recita pomposamente la mia qualifica. In realtà contribuisco a taglieggiare i turisti, con un cambio che…lasciamo perdere! Indirizzandoli poi a tassisti, negozi di moda e ristoranti di lusso che finiscono di spogliarli, completando il lavoro. Ci siamo conosciuti durante un torneo di scacchi organizzato da un Circolo Culturale di cui Marisa è co-fondatrice. Lei aveva degli occhialini severi su un fisico che non lo era. Tutti i maschi presenti le ronzavano intorno, facendole una corte educata ma serrata. Io, che ero venuto solo per giocare a scacchi, no. E’ stato questo che l’ha attratta. Come mi ha poi confidato. Ed allora decise di farmela lei, la corte. Così, per curiosità e dispetto. Io, appena la vidi, provai un conosciuto brivido freddo alla schiena. Il solito. Guai in arrivo. Però, posso dire, con legittima soddisfazione, che per uno come me che aveva giurato a se stesso di darsi cioè defilarsi, sempre. E di non farsi coinvolgere mai, perché, eccola! Una piccolo-borghese se ce ne è una! E per di più con una figlia adolescente ed imbronciata che pare stia lì lì per vomitarmi addosso, ed una madre con veletta (oddio! allora esistono ancora!) che mi guarda con indignazione, pronta a gridare allo stupro se mi avvicino di più alla figlia. O forse ritiene che ho esagerato con i salatini al tavolo del rinfresco? E naturalmente corredata da amiche scrutanti e con la puzza sotto il naso…ebbene ho resistito tanto. Quasi mezzo pomeriggio. Compreso il thè verde biologico. Lo detesto ma, eroicamente, l’ho sorbito. Tutto. Con un sorriso ebete stampato sul viso. A casa sua, dopo il Torneo. Dovevo invece allarmarmi, considerato che aveva spedito Perla, risponde a questo nome la disgustata dal mondo nonché sua figlia, dalla nonna con veletta. Eppure…è stato (lo è ogni giorno che passo con lei, ancora adesso mi viene voglia di cantare al solo guardare il suo spazzolino accanto al mio) bellissimo. E coinvolgente. Per me che fino ad allora vivevo in apnea. Ed in bianco e nero. Una esplosione di colori. Naturalmente un minuto dopo ha cominciato a ristrutturarmi. Dal come mi vesto: Tutti questi colori neri, anzi proprio incolore, da ipermercato, molto ordinario. Al fatto che :Non ti valorizzi come potresti. Troppo zitto e soprattutto anonimo. E pensare che per essere anonimo ci metto tanto impegno! Ed ancora: Sei così timido da rasentare l’arroganza. Tu guardi tutto, no carino, non dire no, a me non la fai. E non dici mai niente! Testuale. Mentre lei gira completamente nuda per casa. Il seno pesante e la curva dei fianchi. I miei occhi e le mie coronarie stanno facendo a gara a chi esplode per primo. Ogni tanto guardo la porta inquieto, ho paura di una irruzione di carabinieri aizzati dalla madre urlante ed indignata e dalla figlia ancora più ingrugnata! Ma lei è così solare e di una naturalezza elegante e disinvolta anche così: senza vestiti, che…ancora adesso trovo del tutto naturale che sia tanto corteggiata. Ma per me il suo fascino maggiore è che non si sogna neanche lontanamente di far politica. Le ho regalato la mia cosa più preziosa: un poster di Audrey Hepburn nel film Colazione da Tiffany. Originale. L’ho custodito gelosamente e miracolosamente in tutti questi anni. Mi ha chiesto, colpita: Perché? Ho risposto: Tanto ho l’originale in carne ed ossa!. Mi ha guardato e poi riguardato. Molto a lungo. E senza dire niente. Quello sguardo me lo conservo per i giorni più neri, gelosamente, dentro di me. E pensare che quando qualcuno mi guarda più a lungo, mi salta la mosca al naso!

Mi guarda anche adesso su questa scalinata inondata dal sole, nel centro di Roma:

Sorpresa! c’è un tuo amico torinese di passaggio da Roma che ti sta aspettando a casa. Sei contento amore mio solitario?Come? Da un po’! Certo, l’ho fatto accomodare in biblioteca, che in salotto…un disastro, Perla e le sue amiche…indescrivibile, non ho parole e tu che hai insistito per farle fare la festa a tutti i costi…quando ritorna da scuola facciamo i conti…che devo fare con voi due?...comunque il tuo amico, che persona fine e distinta! si è tanto scusato d’essere venuto senza preavviso, ma voleva tanto farti una sorpresa, una improvvisata. E’ tanto che non vi vedete mi ha detto,e non me ne stupisco, un po’ orso lo sei amore …certo che mi sono fidata, si vede subito che è un professore, anche se non me l’ha detto. Pensa abbiamo parlato di tecnica pianistica, di digitalizzazione dei tasti…sai cosa insegna? Per caso è un pianista anche lui? Le mani ce l’ha! con quelle dita lunghe e le unghie curate! Io per non sembrare indiscreta non l’ho chiesto. Gli ho servito solo un caffè. Non ha voluto altro. Nel caso: in frigo ci sono il resto dei pasticcini della festa ed i tramezzini, vedi tu…

Un brivido freddo nel centro della schiena! Ahi! Troppo bello per durare! Non ho amici professori, né reali o supposti, tanto meno torinesi. Anzi, non ho proprio degli amici. Ho scelto così. Solo conoscenti. Buongiorno e buonasera. Mi sono abituato al silenzio. Non potrei farne a meno. Un po’ l’abitudine alla sicurezza, un po’ la scelta: mi piace! E ne ho scoperto i vantaggi. E’ comodo. Non ti devi ricordare le parti che interpreti. Sono impallidito e ho paura che se ne accorga. Lei va di fretta ed è meno attenta del solito, per fortuna. Continua:
- Senti: la vai a prendere tu Perla a scuola? Lo sai che le fa tanto piacere. E ti chiama papà, lei lo sa che ti piace e che poi ti pavoneggi. A me…non mi chiama mamma da un pezzo, no non va bene, per niente, non mi piacciono queste mode di chiamare i genitori per nome. Io? devo andare, ho una allieva nuova, forse mi trattengo un po’ di più, per un thè e qualche chiacchiera, certo tengo in allenamento il mio inglese. E’ arrivata da poco a Roma…si è del solito giro diplomatico. Aspetta. Come dici tu? La cricca imperialista! Ma perché ce l’hai sempre con gli americani? Va bene: statunitensi, come dici tu, amore mio pignolo? Se c’è un popolo aperto alle novità! Un giorno me lo spiegherai? A proposito, non ti scordare. Il mio Yogurt naturale con i fermenti attivi sta nel pensile bianco, al lato del frigorifero. Devi levare il panno che lo copre e metterlo in frigo. Ma che spiritoso è l’amore mio oggi: certo lo Yogurt e non il panno! Non come l’altra volta che l’hai lasciato fuori ed è andato a male. E non sbuffare, farebbe tanto bene anche a te, come per esempio smettere di fumare. A proposito, Perla deve fare la versione di latino che le ha dato mamma, altrimenti questa volta le restituisce i soldini. Fai l’impopolare qualche volta anche tu, papà. E vedi che mentre studia non accenda la Tv o la radio, magari insieme, come è solita. Con quella orrenda musica tecno che da un po’ ascolta. Solo per farmi dispetto. Già tu le prendi sempre le parti. Da quando ha preso a chiamarti papà. E non ridere, io prima o poi quella radio che le hai regalato la getto nella spazzatura, siete avvertiti, tutti e due. Che faccia hai…sto diventando un po’ nevrotica, amore mio?

La guardo in controluce. E’ con il sole alle spalle ed il marmo secolare e consumato intorno. In questa aria tersa romana che ricopre tutto di classicità. Un dipinto preraffaellita. Ed, ahimè! temo di sapere chi sia l’amico torinese di passaggio da Roma che ci ha tanto tenuto a farmi una improvvisata! E ci è riuscito! Maurizio è uno che non rinuncia tanto facilmente, malgrado i tanti no che gli ho mandato a dire tramite i suoi emissari.

Cesare Prudente